LA DOMANDA SORGE SPONTANEA

16.03.2010 by Roberta 

perchè

IL NOSTRO BLOG, un  “invito”  da MAX.

Più o meno ogni giorno, visito, anche se per pochi minuti il blog di Poggio di Loro, in cerca di notizie, novità, curiosità od anche solo per affezione.

A volte le immagini che guardo o le notizie che leggo, mi portano a lasciare alcune righe che attestino il mio pensiero.

Quando mi affaccio al blog cerco in ogni caso di essere propositivo e spesso ci riesco. C’è una mancanza che non riesco a capire e giustificare; sopratutto sapendo quanto il nostro borgo goda di vasti consensi, sia come luogo di villeggiatura, che come testimonianza storico-architettonica e naturalistica. Luogo di vita a tutto tondo. Conosco molti di coloro che sono certo, come me navigano in rete e si soffermano a controllare se il blog ha qualche aggiornamento. Tanti di loro se non tutti, amano ed apprezzano il nostro paese e l’umanità che lo caratterizza.

Sommando questi fattori, la domanda sorge spontanea( come soleva dire Lubrano nell’omonimo programma RAI “Mi manda………”

???

Perché pochissimi di voi non lasciano testimonianza del loro amore o odio per Poggio di Loro.

Forse non vi è chiaro che questo è IL NOSTRO BLOG. Non servono patenti, lauree,conoscenze particolari; per scrivere due righe che attestino il vostro pensiero (altrimenti io non sarei certo abilitato). Gli argomenti come avete potuto constatare possono essere i più vari, attinenti a delle ricorrenze oppure semplicemente dei veri o falsi pettegolezzi, che ci portano ad avvicinarci ancor più, verso la nostra montagna, o tra di noi.??

Certamente ognuno di noi a qualcosa da dire. Questo è il mezzo giusto per sviluppare un dialogo, che forse non sarebbe possibile altrimenti.

Allora vi incito a partecipare attivamente, e mi preparo a visitare i sentieri dei vostri pensieri. Sicuro che la passione comune, ci condurrà ad arricchirci di prose che, incorniceranno degnamente sia il blog che Poggio di Loro.

Mouse e tastiera alla mano, e buona narrazione. Ciao.

MAX

MMM?

MMM?

DAL DIARIO DI MAX: Le colombe Pavoncelle

02.02.2010 by Roberta 

Non so se questo è il caso giusto, ma ho sempre sognato di iniziare una storia così, quindi:
C’era una volta e c’è ancora, un popolo, una montagna con la sua flora, ed un tratto di bosco con la sua “particolare” fauna. In un tempo che non era Ieri, ne Oggi e neanche Domani, ma solo un Istante prima , durante e dopo che ogni tempo possa dirsi trascorso. Il popolo non era composto dalla gente, ma da specifiche persone che si conoscevano a mena dito, e che proprio per questo sapevano che il benessere di ognuno di loro, dipendeva dalle capacità peculiari dell’altro. Essi vivevano in un castello in cima ad una collina circondata dalle nubi, a metà strada tra il nulla che vedevano sotto le mura, e l’azzurro del cielo che allietava gli occhi, quando volgevano lo sguardo verso la sommità della montagna amica che gli sovrastava. Gli Istanti trascorrevano tranquilli, e forse anche troppo uguali. Giovanni che si occupava di tutto quello che concerneva, la produzione della farina di castagne, passava molto tempo nel bosco, dove spesso incontrava Gianni il cacciatore accompagnato dal suo fedele cane Rex, che aveva un muso dolcissimo, un caratterino indipendente, ma nessuna propensione alla caccia. Beppe era un po’ il punto di riferimento per tutto il borgo. Egli era bravissimo con tutto quello che si poteva fare manualmente, ed aveva una officina attrezzatissima, che in caso di bisogno diventava laboratorio per le riparazioni necessarie all’utensile di questo o quell’amico. Le donne del castello, mogli, figlie, nipoti, aiutavano in amorosa sordina i loro uomini che non elenco, ma che forse ritroveremo in un’altra storia.
In un Istante che per noi potrebbe essere il mattino, Gianni il cacciatore, tornando dal bosco, si fermò in un luogo chiamato Mastondolo, a parlare con Giovanni, Beppe, Alessandro; che ascoltandolo rimasero a bocca aperta:
-Non potete immaginare quello che mi è successo(iniziò emozionato Gianni). Ero da poco entrato nel fitto del bosco, quando questo strullo d’un cane è partito a corsa, dopo poco nonostante lo richiamassi a gran voce, non sentivo più neanche un latrato, quindi inseguendolo sono entrato in un tratto di macchia fitta dove non passerebbe neanche un cinghiale; e non ci crederete……..(allora, dissero gli amici incuriositi) -dopo neanche due passi dentro i rovi, la vegetazione si è aperta facendomi passare e richiudendosi dietro di me, ed imprigionando tra le spine il fucile che porto sempre in spalla. Giovanni con una risata scettica, disse a Gianni:
-Stamattina hai fatto colazione con Vin Santo e biscotti vero?
-No simpaticone. Sono lucido e so quel che dico, ma aspetta che non ho finito.
-Una volta rimasto senza fucile e praticamente chiuso dentro, a quello che sembrava un mondo a me sconosciuto; davanti hai miei occhi si beava la più grossa e variegata concentrazione di animali che abbia mai visto. Scoiattoli, Cervi, Daini, Fagiani, Cinghiali, Istrici, Volpi, Lupi, Uccelli di tutte le specie, ed esemplari che neanche a vivere due vite avrei potuto neanche avvistare. Fra tutte le razze, spiccava per altera beltà una coppia di colombe pavoncelle, che non curanti della mia presenza, tubavano accomodate sopra il ramo rigoglioso di un albero di mimosa. Un po’ imbarazzato ed emozionato, ho provato a chiamare il mio cane, che mi aveva condotto in quella selva, a dir poco incantata. Rex è arrivato prontamente, come di solito non fa mai, e mentre stavamo reciprocamente festeggiando,

le colombe pavoncelle hanno spiccato il volo e con due volute, sono atterrate vicino ai miei piedi.                    Colomba Pavncella Colomba Pavncella
Con quel tipico movimento della testa che solo le colombe fanno, mi hanno osservato e dopo un breve scambio di suoni fra di loro, mi hanno detto….
-No aspetta (esordiscono Alessandro e Beppe, interrompendo il racconto di Gianni). Non vorrai dire che ti hanno parlato?
-Allora !, ( riprende stizzito Gianni) mi hanno raccontato di una valle dove scorre un grande fiume, dove gli uomini non si conoscono tra loro, e dove, benché la campagna sia generosa con i suoi frutti, c’è sempre della povera gente che soffre la fame. Cosa ancor più strana, loro pensano che il cielo sia soltanto grigio e nebbioso. Io incredulo come adesso siete voi, ho confessato il mio scetticismo e sono giunto ad un accordo con tutte le varietà animali che abitano la montagna. Se loro riusciranno a dimostrarmi, che oltre le nubi che ci circondano, giù sotto il nostro borgo, c’è tutto quello che le colombe pavoncelle mi hanno detto; io, e voi insieme a me, faremo in modo che i nostri mondi si congiungano, portandoci prosperità ed amicizia. Così, come prima di loro avevano fatto le colombe con Noè, durante il Diluvio Universale, le colombe volavano ogni giorno oltre la coltre di nubi e ritornavano ad asciugarsi al sole che riscaldava le pietre delle case del castello; portando sempre un segno tangibile della presenza umana, nella vallata. Gli abitanti tutti, si convinsero della necessità di onorare il patto fatto da Gianni, ed iniziarono con estremi sacrifici a tracciare una via tra le cupe nebbie ed i fitti boschi, che gli congiungesse alla gente della pianura. I sacrifici, gli sforzi, gli affanni che Istante dopo Istante, venivano sopportati da ogni membro, dell’ormai sempre meno eremo castello; vennero seguiti da tutta la comunità volatile, che ogni giorno volteggiava tra il cielo azzurro e quello sempre meno grigio di pianura. Impegno il loro, che volse a compassione le colombe pavoncelle e tutti gli amici pennuti. Essi si innalzarono in cielo, e muovendo all’unisono le ali, spinsero poco alla volta le pesanti nubi, lontano oltre l’orizzonte, agevolando la tanto sperata unione di tutti. In quel tempo, gli istanti divennero secondi, minuti, ore, giorni. La gente iniziò a mischiarsi e non tutto era rose e fiori, ma solo la conoscenza dell’altro, suppliva alle lacune create dall’apertura delle nebbie dei tempi. Da allora nei cieli intorno al castello, che molto tempo dopo, ha preso nome di Poggio di Loro, si possono scorgere delle colombe pavoncelle che, come i loro genitori, fanno la spola tra la valle e la montagna, per evitare che le caligini, isolino i mondi terreni, i nostri pensieri ed i nostri sentimenti. Se anche tu, un giorno avrai al fortuna di avvistare una o più colombe pavoncelle, consegnagli fiducioso i tuoi pensieri; li condivideranno con tutto il mondo.

MAX MAX

IN RISPOSTA A: E' TEMPO DI BILANCIO

01.02.2010 by Roberta 

Max ha catturato perfettamente il senso dello obbiettivo che ci eravamo prefissati.

DICEVAMO:  MA SI PUO’

Commentare questi numeri è facile adesso, quanto inutile è sottolineare che è occorso molto impegno da parte della curatrice per renderlo attivo, utile, intrigante, curioso e culturalmente appetitoso. Sicuramente sono serviti i contributi di tutti coloro, che aprendo la loro finestra su Poggio deponevano un nuovo tassello alla divulgazione del nostro Borgo. Utilissime sono state anche le dritte di chi, proprio all’inizio della Net-avventura, ci ha ammonito sui rischi nei quali potevamo incappare(se non veniva gestita idoneamente),divulgando in rete Poggio di Loro e tutte le sue particolari connotazioni. Adesso con la ragione inconfutabile dei numeri, possiamo complimentarci l’uno con l’altro, e tutti con la Trilly Poggese, che veste i panni mortali di Roberta Baldi. Penso che il blog, vista la popolarità riscossa, sia la conferma che (pur restando “fortunatamente” un prodotto di nicchia), si può intrattenere una vasta platea senza bisogno di pornografia a costo zero. Si può invogliare alla compartecipazione senza allettare con promesse di guadagni economici. Si può incuriosire con la semplicità, la sincerità, la dichiarata amorosa appartenenza ad un luogo, le sue tradizioni, la sua gente; ed esplicitamente aprirsi all’altro, chiunque egli sia, purché rispettoso delle regole del vivere civile. Si può sognare, ed invitare chi ci legge a farlo a sua volta, con l’idea che venire a trovarci, anche se per poche ore, significa respirare una boccata d’aria pulita pur vivendo in un barile colmo di acqua. Si può continuare a parlare di miserie, di passioni, di lavori arcaici, di tradizione, di sacrifici, di cultura nelle sue più varie accezioni, senza rischiare di annoiare. Il nostro Blog è come il nostro Borgo, ed è la dimostrazione tangibile come le pietre delle case che ci ospitano, che UNITI SI PUO’.
MAX MAX

OGGI, 25 DICEMBRE dal diario di Max

25.12.2009 by Roberta 
Scusate se l’articolo di Max è stato pubblicato in ritardo, ma le cose belle non  temono il passare del tempo e questa è una cosa bella .Roberta.

MAX
Inviato il 23 dicembre 2009

Quando il Natale……..

Siamo vicini al Natale 2009 e molti, per molteplici motivi stanno aspettando che il rito sia compiuto. Il Natale del festeggiamento non è mai uno solo. Esiste il Natale del negoziante, che spera in questa festa per migliorare od incrementare i propri introiti; quello dell’indolente che spera che tutto passi velocemente; quello dei single per forza maggiore che agognano (ormai per il prossimo anno) la compagnia di una Lei o Lui; e dei single per scelta( molto spesso altrui ) che vivono la festa come una opportunità di lasciarsi andare agli eccessi; quello dell’anziano, molto spesso con la pensione minima, che cerca anche in ristrettezza di regalare un pensiero tangibile per le persone a cui vuole bene e che confida nella buona salute, perché per lui esserci è già un grande Natale. Il Natale del questuante, che ti fa gli auguri anche se per lui non ci sarà niente da festeggiare, o non sa neanche qual è il vero significato di questo giorno, perché la sua cultura o religione non riconosce la nascita del Redentore, e non pensa che forse al suo paese di origine, a noi cristiani non sarebbe neanche permesso accennare ad una loro festività. Il Natale dei genitori, che cercano di soddisfare le aspettative dei figli e si crogiolano nell’affettuosità che scorre tra le epidermidi consanguinee; quello di coloro che vorrebbero essere genitori, ma che per adesso….forse il prossimo anno, oppure….Io e Te siamo già una famiglia amore mio. Fra tutti i Natali che vi potrei elencare, quelli principe per me sono due, e si fondono in una naturale rivoluzione. Il natale dei bambini, di quelli fortunati e meno fortunati, poveri e ricchi, bianchi, neri, gialli, a strisce. I bimbi simbolo di rinascita e rinnovamento, di energia, potenzialità quasi infinita; prosecuzione delle nostre anime, ma autonomamente espandibili. Tutti i bimbi del mondo si rispecchiano in uno, che come i nostri figli è venuto al mondo per dare, (tutti danno molto più di quello che ricevono) ed ha dato tutto quello che era per avvicinarci a Lui. Il Natale di chi crede in Gesù nonostante non pratichi e di chi non potrebbe concepire non partecipare alla S. Messa, ma anche di chi partecipa perché “devono vedere” che ci sono. Il Natale di tutti, potrebbe essere come è stato 2009 anni fa, una rivoluzione di valori e coscienze, di passione e di memoria. Una festa che ci porti alla vera essenza del Natale, invece di isolarci sopra a delle altaNe ideologiche da cui giudicare gli altri.
Buon Natale, Max.

IL BIONDO dal diario di Max

10.12.2009 by Roberta 

MAX

Il TEMPO della FARINA di CASTAGNE. Grazie ad Elisa, la memoria ci riporta a momenti (per lei non tanto lontani) in cui i valori, le gioie e le necessità non sembrano avere nessuna attinenza con il nostro vivere quotidiano. Per mia fortuna, anch’io ho conosciuto “il biondo” al secolo Renato insieme a sua moglie Renata, dei quali porterò un ricordo geloso per sempre; mi pregio inoltre di avere un rapporto quasi parentale con tutta la famiglia da loro discendente, e forse proprio per quello, amabile, disponibile e corretta come è ormai difficile trovare oggi. I metodi di raccolta, di produzione e gli aromi che si possono apprezzare nella farina di castagne “ del Biondo” (penso che si chiamerà per sempre così), ci rammentano momenti di vita in cui la gente di montagna lottava fino allo stremo delle forze, per strappare un pezzo di terra coltivabile alla forza invadente del bosco. Il “montagnolo” nel senso pregevole del termine era colui che con infiniti sacrifici, cercava di piegare le forze della natura a suo favore, per poter accrescere la prosperità della sua famiglia, che amava più di se stesso. Erano tempi in cui possedere anche solo un pezzo di terra da coltivare era un privilegio per pochi. Tempi in cui “l’altro” non era colui dal quale prendere le distanze, ma l’ amico con il quale condividere fatiche e gioie, privazioni e soddisfazioni. Il “cuore” era il motore di tutta la vita sociale, familiare e spirituale. Tempi in cui la “fame” non era qualcosa di cui vergognarsi, ma da condividere e saziare, in comunione con il tuo più caro amico. Allora la farina di castagne non era come adesso un prodotto di nicchia, da assaporare in compagnia di amici, sorseggiando un buon bicchiere di vino, come sottofondo alla stagione che sta trascorrendo. La farina di castagne era sostentamento e ricchezza economica per molte famiglie della montagna e non solo di quella Lorese. Inoltre come raccontano i “vecchi”, la raccolta e tutta la lavorazione correlata alla sua produzione era motivo di aggregazione amichevole e culturale, quando alla sera intorno al fuoco del seccatoio si ritrovavano gli abitanti del borgo a raccontare storie tramandate oralmente, oppure a commentare fatti accaduti durante la giornata. Momenti di vita passata, che valorizzavano l’uomo o la donna, non per quello che possedevano, ma per la rettitudine della quale erano capaci; persone che anteponevano al benessere della famiglia, l’onore con la “O” maiuscola, che veniva sostenuto dalle azioni quotidiane. Tempi in cui “la parola data” era più di un contratto, importante ed unica come la farina di castagne. Max