10.12.2009 by Roberta
MAX
Il TEMPO della FARINA di CASTAGNE. Grazie ad Elisa, la memoria ci riporta a momenti (per lei non tanto lontani) in cui i valori, le gioie e le necessità non sembrano avere nessuna attinenza con il nostro vivere quotidiano. Per mia fortuna, anch’io ho conosciuto “il biondo” al secolo Renato insieme a sua moglie Renata, dei quali porterò un ricordo geloso per sempre; mi pregio inoltre di avere un rapporto quasi parentale con tutta la famiglia da loro discendente, e forse proprio per quello, amabile, disponibile e corretta come è ormai difficile trovare oggi. I metodi di raccolta, di produzione e gli aromi che si possono apprezzare nella farina di castagne “ del Biondo” (penso che si chiamerà per sempre così), ci rammentano momenti di vita in cui la gente di montagna lottava fino allo stremo delle forze, per strappare un pezzo di terra coltivabile alla forza invadente del bosco. Il “montagnolo” nel senso pregevole del termine era colui che con infiniti sacrifici, cercava di piegare le forze della natura a suo favore, per poter accrescere la prosperità della sua famiglia, che amava più di se stesso. Erano tempi in cui possedere anche solo un pezzo di terra da coltivare era un privilegio per pochi. Tempi in cui “l’altro” non era colui dal quale prendere le distanze, ma l’ amico con il quale condividere fatiche e gioie, privazioni e soddisfazioni. Il “cuore” era il motore di tutta la vita sociale, familiare e spirituale. Tempi in cui la “fame” non era qualcosa di cui vergognarsi, ma da condividere e saziare, in comunione con il tuo più caro amico. Allora la farina di castagne non era come adesso un prodotto di nicchia, da assaporare in compagnia di amici, sorseggiando un buon bicchiere di vino, come sottofondo alla stagione che sta trascorrendo. La farina di castagne era sostentamento e ricchezza economica per molte famiglie della montagna e non solo di quella Lorese. Inoltre come raccontano i “vecchi”, la raccolta e tutta la lavorazione correlata alla sua produzione era motivo di aggregazione amichevole e culturale, quando alla sera intorno al fuoco del seccatoio si ritrovavano gli abitanti del borgo a raccontare storie tramandate oralmente, oppure a commentare fatti accaduti durante la giornata. Momenti di vita passata, che valorizzavano l’uomo o la donna, non per quello che possedevano, ma per la rettitudine della quale erano capaci; persone che anteponevano al benessere della famiglia, l’onore con la “O” maiuscola, che veniva sostenuto dalle azioni quotidiane. Tempi in cui “la parola data” era più di un contratto, importante ed unica come la farina di castagne. Max
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aromi, biondo, montagnolo, nicchia, seccatoio
06.12.2009 by Roberta
È tempo di farina dolce
Un po’ di tempo fa una signora mi disse che da quando è mancato il
Biondo, in montagna non si è più assaggiata una farina di castagne
buona come quella che faceva lui. Non lo so se è così per tutti,
sicuramente lo è per me. La farina dolce del nonno aveva un sapore
speciale, datole dall’amorevole cura e dalla continua dedizione che
lui aveva nel produrla, dalla raccolta delle castagne con le pinze di
legno e la bogia fino alla tostatura nel forno del paese scaldato
rigorosamente con sola legna di castagno, e poi via al mulino a
macinare. Se chiudo gli occhi riesco a sentirlo il suo profumo
uscire dal cassone di legno, riesco a sentire in bocca quel dolce sapore
da far invidia alla cioccolata più buona, riesco a rivedere le corse
che con la mia sorella facevamo ogni volta che il cassone si apriva per
prenderne almeno un pizzicotto. In casa Lelli la farina di castagne
è un’istituzione, o meglio un piacere, che ogni anno ancora si
rinnova grazie alle mani del babbo e di chi insieme a lui ha raccolto la passione del nonno, allora il mio grazie va a loro, perché quando arriva la farina nuova per me è una grande festa, proprio come quando ero piccina.
ELISA
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biondo, bogia, cassone, cucina, nonno, passione, pizzicotto
04.12.2009 by Roberta
by MAX
Anche quest’anno come tutti i 30 Novembre dal 2001 ad oggi, mi soffermo ad apprezzare la festa, che per un toscano come me rafforza ed inorgoglisce il mio senso di appartenenza alla regione, dove da statistica vorrebbero vivere il 70% degli italiani. Mi soffermo e non mi fermo ad apprezzare la festa (come la maggior parte dei toscani), perchè resta un giorno di riposo giustificato dal lavoro solo per pochi eletti. Aldilà delle polemiche di carattere puramente burocratico-lavorativo, con piacere torno a spendere due parole sulla nostra bella regione.La Toscana terra di gente orgogliosa fino quasi al paradosso, unita negli intenti da perseguire, ma separata campanilisticamente come solo chi è conscio della propria ricchezza ed individualità culturale può essere. Terra di coscienze, e conoscenze rotonde come il gusto di un buon vino, del quale, come in molte altre cose, eccelle in tutto il mondo. Terra di forti egoismi ed altruismi, maturati dal lento ma proficuo trascorrere dei secoli, che ci hanno instillato una sapiente razionalità quasi congenita. Come accade anche in natura, gli esseri che popolano un habitat, scambiano vicendevolmente forze e debolezze, in un concerto che arricchisce e sviluppa ogni entità all’ interno di esso. Così nella nostra Toscana, il bello che ci circonda condiziona tutte le nostre scelte, che a loro volta contribuiscono ad alimentare la nostra terra. Se a questo aggiungiamo la storia che ci contraddistingue, i grandi geni che dalla Toscana hanno evoluto tutto il mondo, la proverbiale cristiana-laicità che ci permette di preferire l’Individuo come patrimonio inderogabile della Comunità, il rispetto della propria, ma sopratutto della libertà altrui; consapevoli prima di tutti che la pena capitale non poteva essere un deterrente contro la criminalità, e che la Libertà in tutte le sue accezioni si può costruire solo con la partecipazione sociale (come in tempi recenti cantava Giorgio Gaber).Se al mattino , come accade a volte a me, sentite di non essere in grando di affrontare gli impegni della giornata; provate a guardarvi alle specchio, e fissando nel profondo dei vostri occhi, pensate che almeno in una remota cellula del vostro essere Toscani, c’è una parte di Giotto, Galileo, Da Vinci, Michelangelo, Brunelleschi, Lorenzo il Magnifico,etc. etc.. Le nostre radici ci sorreggono con la forza della ragione. Come decretava Cartesio, possiamo fare noi oggi, forti delle nostre origini: COGITO ERGO SUM.
Ciao, Max.
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Brunelleschi, Cartesio, Galileo, Giotto, habitat, Michelangelo, regione, toscana
02.12.2009 by Roberta
Sara
In un luogo dove la natura fa sentire sempre la sua imponente presenza, una natura fatta di suggestive montagne, panorami mozzafiato, vento forte che dà voce ai grandi alberi durante il freddo inverno, fitti boschi di abeti e faggi pieni di caprioli, cinghiali e daini, dove spesso il migliore amico dell’uomo è un fedele cane da caccia, è arrivata Carlotta!
Una buffa carlina dal dolce viso simpatico che forse ha ben poco in comune con la vita di montagna ma che sta pian piano diventando una cagnolina poggese…..e con orgoglio!
Tra un misto di divertimento e stupore da parte degli abitanti più anziani del paese per i suoi occhioni grandi, forse troppo, è stata accolta con grande simpatia. Ora va in giro facendo feste a chiunque incontri, giocando con la sua “sorellina” Olga, una bellissima gatta nera, annusando tutto ciò che trova alla scoperta di quella che sarà la sua casa d’ora in poi.
La storia di Carlotta è un po’ come la storia della sua padrona, giunta a Poggio di Loro quasi per caso. In una dimensione nuova per lei, particolare, che credeva che la vita frenetica avesse ormai cancellato. Un posto dove riesci ad assaporare il vero valore della vita, fatto di cose semplici. Il profumo del bosco, una montagna ricca di colori autunnali, un camino acceso, il calore delle persone che vi abitano e ti arricchiscono con i loro racconti di vita montana, il silenzio che è intorno a te.
Dopo un anno di vita vissuta quassù credo che non potrei davvero più fare a meno di questo piccolo angolo di paradiso e…..son sicura che Carlotta è d’accordo con me……..!!
Sara
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caccia, cagnolina, camino, cane, cinghiale, daini, panorami
02.12.2009 by Roberta
Pierangela
Il 30 novembre 2009 è stato il giorno nel quale si è festeggiata la nostra Regione; quest’anno il tema era : “Arti, culture, futuro”.
Nel sito del Consiglio Regionale della Regione Toscana (www.consiglio.regione.toscana.it) si può leggere:
Festa della Toscana 2009
Arti, culture, futuro
La Regione Toscana ha istituito la Festa della Toscana con la legge regionale 21 giugno 2001, n. 26 per ricordare l’abolizione della pena di morte avvenuta il 30 novembre del 1786 (per la prima volta al mondo) ad opera del Granduca di Toscana, e per ribadire il proprio impegno per la promozione dei diritti umani, della pace e della giustizia, elementi costitutivi dell’identità della Toscana. La Festa è celebrata con numerose iniziative che il Consiglio regionale, le Province e i Comuni, le associazioni e le istituzioni del territorio hanno organizzato e che coinvolgono ogni località della regione tra novembre e dicembre.
Penso che il tema del 2009 abbia molto a che vedere anche con Poggio di Loro, in quanto luogo sì d’arte, ma soprattutto di cultura.
Cultura che deriva dalla vita non facile della montagna: una cultura che porta con sé vissuti, tradizioni, modi di dire, di fare e di essere; una cultura che non deve scomparire!
Ecco il futuro: abbiamo il dovere di non disperdere le conoscenze della vita contadina e della montagna, perché sono le radici di gran parte di noi.
Ecco quindi uno dei compiti del sito di Poggio: riportare alla vita ricordi forse sopiti e portare a conoscenza avvenimenti, tradizioni, cultura.
Questo è anche un invito per chi sa, per chi conosce: trasmettere agli altri e alle recenti generazioni è un modo per usare bene la cultura, perché il futuro non ci veda privi di conoscenze antiche.
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arti, asssociazioni, futuro, territorio, toscana